
Politica
Conca: Cava Graviglione, un patrimonio pubblico (s)venduto nel silenzio
Per il consigliere comunale dei Cittadini Gravinesi: “I cittadini meritano verità e trasparenza”
Gravina - venerdì 16 maggio 2025
9.46 Comunicato Stampa
Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa del consigliere comunale dei Cittadini Gravinesi Mario Conca.
"Si vende cava con possibile attività estrattiva e riempimento ambientale, a 1,13 euro al metro quadro." Potrebbe essere questo, più onestamente, l'annuncio del Comune di Gravina in Puglia. Ma la realtà è ben diversa.
Nelle scorse settimane l'Amministrazione comunale ha pubblicato un bando per la vendita di un terreno comunale in località Graviglione. Ma si tratta solo dell'ultimo capitolo di una vicenda che parte da lontano. Già in passato erano stati avviati due tentativi per cedere l'area, uno dei quali si era spinto fino all'adozione di una delibera di Giunta per venderla direttamente alla ditta La Tufara S.r.l. tramite trattativa privata, all'epoca consentita sotto la soglia dei 50 mila euro. Per aggirare l'ostacolo rappresentato dalla stima dell'Agenzia del Territorio, che aveva valutato l'intera proprietà in 50.156 euro – dunque di poco oltre il limite – si operò un frazionamento ad hoc, finalizzato ad abbassare il valore e rendere così praticabile la trattativa diretta.
L'adattamento della stima dell'Agenzia del Territorio, pari a 47.476,95 euro per circa 42.015 mq (1,13 €/mq), servì proprio a rientrare in quella soglia massima. Ma la manovra fu sventata nel settembre 2023 grazie alla mia denuncia pubblica, che costrinse l'Amministrazione a fare marcia indietro e revocare la delibera. Dopo quell'episodio, per "ripulire" la procedura, fu modificato persino il Regolamento comunale, eliminando per sempre la possibilità della trattativa privata. Ed è solo per questo che oggi si arriva alla pubblicazione del bando.
Un bando che continua, però, a nascondere elementi essenziali. Il Comune definisce l'area come cava esaurita, eppure: un'autorizzazione regionale (n. 36/2017) risulta ancora formalmente attiva; è stata depositata una richiesta di proroga nei termini di legge; è ancora valida la fideiussione presentata dalla ditta per il recupero ambientale; nessun atto formale di decadenza è stato notificato.
Solo dopo la mia contestazione, l'Amministrazione ha annunciato l'aggiunta di una nota integrativa "a margine", per chiarire – tardivamente – che le autorizzazioni sarebbero decadute. Una toppa peggiore del buco: non modifica il bando, non ha valore giuridico cogente, non viene pubblicata con la stessa evidenza. È l'ammissione implicita che il bando era lacunoso, forse intenzionalmente.
Nel frattempo: il prezzo base d'asta rimane fermo a 47.476,95 euro, mentre il valore reale del bene – se sfruttabile – è ben superiore; non si indica la destinazione dei proventi della vendita, violando il Regolamento comunale e il DUP; si impongono condizioni di pagamento anomale e penalizzanti, senza base normativa, come il versamento del 70% dell'offerta entro tre giorni.
È vero, con la procedura d'asta il prezzo potrà anche lievitare. Ma se ai potenziali acquirenti non dici con esattezza cosa stai vendendo, se ometti aspetti fondamentali come il regime autorizzativo e i vincoli ambientali, non stai facendo trasparenza né rendendo un buon servizio alla collettività.
Tutto ciò avviene mentre il Comune è in avanzo di amministrazione, e quindi senza alcuna urgenza economica. La scelta di disfarsi di un bene pubblico in queste condizioni non è "gestionale", come qualcuno vuole far credere. È una scelta politica. Ma senza dibattito, senza trasparenza e soprattutto senza una valutazione pubblica della convenienza.
Mi chiedo e chiedo pubblicamente: perché si insiste nel voler cedere questa cava? Perché non rivalutare il bene ora che emergono elementi nuovi? Perché questo silenzio su ciò che potrebbe fruttare al Comune e quindi alla collettività?
Io non starò a guardare. Ho già formalizzato le mie controdeduzioni, documentato tutte le incongruenze, e sono pronto – se necessario – a coinvolgere la Corte dei Conti e ogni altra autorità di controllo.
I cittadini di Gravina meritano verità, non silenzi. Meritano trasparenza, non zone d'ombra.
Mario Conca
Consigliere Comunale
"Si vende cava con possibile attività estrattiva e riempimento ambientale, a 1,13 euro al metro quadro." Potrebbe essere questo, più onestamente, l'annuncio del Comune di Gravina in Puglia. Ma la realtà è ben diversa.
Nelle scorse settimane l'Amministrazione comunale ha pubblicato un bando per la vendita di un terreno comunale in località Graviglione. Ma si tratta solo dell'ultimo capitolo di una vicenda che parte da lontano. Già in passato erano stati avviati due tentativi per cedere l'area, uno dei quali si era spinto fino all'adozione di una delibera di Giunta per venderla direttamente alla ditta La Tufara S.r.l. tramite trattativa privata, all'epoca consentita sotto la soglia dei 50 mila euro. Per aggirare l'ostacolo rappresentato dalla stima dell'Agenzia del Territorio, che aveva valutato l'intera proprietà in 50.156 euro – dunque di poco oltre il limite – si operò un frazionamento ad hoc, finalizzato ad abbassare il valore e rendere così praticabile la trattativa diretta.
L'adattamento della stima dell'Agenzia del Territorio, pari a 47.476,95 euro per circa 42.015 mq (1,13 €/mq), servì proprio a rientrare in quella soglia massima. Ma la manovra fu sventata nel settembre 2023 grazie alla mia denuncia pubblica, che costrinse l'Amministrazione a fare marcia indietro e revocare la delibera. Dopo quell'episodio, per "ripulire" la procedura, fu modificato persino il Regolamento comunale, eliminando per sempre la possibilità della trattativa privata. Ed è solo per questo che oggi si arriva alla pubblicazione del bando.
Un bando che continua, però, a nascondere elementi essenziali. Il Comune definisce l'area come cava esaurita, eppure: un'autorizzazione regionale (n. 36/2017) risulta ancora formalmente attiva; è stata depositata una richiesta di proroga nei termini di legge; è ancora valida la fideiussione presentata dalla ditta per il recupero ambientale; nessun atto formale di decadenza è stato notificato.
Solo dopo la mia contestazione, l'Amministrazione ha annunciato l'aggiunta di una nota integrativa "a margine", per chiarire – tardivamente – che le autorizzazioni sarebbero decadute. Una toppa peggiore del buco: non modifica il bando, non ha valore giuridico cogente, non viene pubblicata con la stessa evidenza. È l'ammissione implicita che il bando era lacunoso, forse intenzionalmente.
Nel frattempo: il prezzo base d'asta rimane fermo a 47.476,95 euro, mentre il valore reale del bene – se sfruttabile – è ben superiore; non si indica la destinazione dei proventi della vendita, violando il Regolamento comunale e il DUP; si impongono condizioni di pagamento anomale e penalizzanti, senza base normativa, come il versamento del 70% dell'offerta entro tre giorni.
È vero, con la procedura d'asta il prezzo potrà anche lievitare. Ma se ai potenziali acquirenti non dici con esattezza cosa stai vendendo, se ometti aspetti fondamentali come il regime autorizzativo e i vincoli ambientali, non stai facendo trasparenza né rendendo un buon servizio alla collettività.
Tutto ciò avviene mentre il Comune è in avanzo di amministrazione, e quindi senza alcuna urgenza economica. La scelta di disfarsi di un bene pubblico in queste condizioni non è "gestionale", come qualcuno vuole far credere. È una scelta politica. Ma senza dibattito, senza trasparenza e soprattutto senza una valutazione pubblica della convenienza.
Mi chiedo e chiedo pubblicamente: perché si insiste nel voler cedere questa cava? Perché non rivalutare il bene ora che emergono elementi nuovi? Perché questo silenzio su ciò che potrebbe fruttare al Comune e quindi alla collettività?
Io non starò a guardare. Ho già formalizzato le mie controdeduzioni, documentato tutte le incongruenze, e sono pronto – se necessario – a coinvolgere la Corte dei Conti e ogni altra autorità di controllo.
I cittadini di Gravina meritano verità, non silenzi. Meritano trasparenza, non zone d'ombra.
Mario Conca
Consigliere Comunale