
Convegni
Enzo Tortora, una ferita italiana
Emblema della sana Giustizia, vittima di uno Stato malato
Gravina - sabato 21 maggio 2016
12.55
Il più grave errore giudiziario della storia del nostro Paese. Così è definito il "Caso Tortora".
Un uomo colto, leale, emblema della sana Giustizia, che si ritrova dietro una inferriata, con accuse pesanti e infondate di associazione mafiosa e traffico di droga sulle proprie spalle, in condizioni carcerarie insostenibili e a dir poco disumane, toccando il fondo della disperazione. Vittima di uno Stato malato, che dà priorità alla pancia piuttosto che alla verità. Un uomo che ha speso la propria vita a tutela della legalità, nonostante gli ostacoli e gli impedimenti che gli si ponevano davanti.
Scene toccanti quelle del docufilm realizzato dal regista Ambrogio Crespi, in cui è raccontata in maniera impeccabile la storia di questo grande giornalista, conduttore televisivo e politico italiano, che ha aperto l'incontro a lui dedicato, in occasione dei 28 anni dalla sua scomparsa in quel 18 Maggio 1988. Il processo, la condanna, il periodo di reclusione, in cui Tortora, e tanti insieme a lui, ha vissuto soffocato da una "Giustizia" che non predilige il vero, imprigionato in quattro mura fredde che sanno di dolore e angoscia per lo stato di impotenza difronte all'ingiustizia e all'indifferenza di tanti falsi portatori di legalità. Poi l'assoluzione di Enzo Tortora e di lì a poco la morte, a causa di un tumore, che ha lasciato una ferita aperta nell'animo di milioni di cittadini, che hanno creduto in lui e lo hanno sostenuto fino al suo ultimo respiro. Un docufilm che vuol essere uno strumento per smuovere le coscienze sulla delicata questione della legalità, attraverso un'icona storica, vittima della malagiustizia.
"Quello che abbiamo visto - ha affermato il primo cittadino di Gravina, Alesio Valente - non è qualcosa che appartiene alla storia e che rimane stampato solo sui libri o sui giornali, ma è qualcosa che accade ogni giorno, perché ancora oggi la giustizia è imperfetta e causa delle vittime."
Al che sorge spontaneo l'interrogativo: dal caso Tortora, cosa è cambiato nel sistema giuridico italiano?
Al dibattito hanno preso parte Valerio Federico, tesoriere dei Radicali italiani, Raffaele Fitto, europarlamentare del gruppo Conservatori e Riformisti europei, Danilo Leva, deputato del Partito Democratico e membro della commissione giustizia e Egidio Sarno, componente la Giunta dell'Unione Camere Penali Italiane, dai cui interventi è emerso che la situazione è migliorata rispetto al passato, ma non è cambiata del tutto: circa 2000 persone all'anno in Italia vanno in carcere per ingiusta detenzione o per errore giudiziario, persone che subiscono violenza che si riversa anche sulle loro famiglie, dovuto al malfunzionamento della giustizia in Italia. Passi in avanti ci sono stati nella direzione di responsabilizzare i magistrati affinché non restino del tutto impuniti dinanzi agli errori commessi, ma la cosa preoccupante è che sia stato imposto dalla Corte europea allo stato italiano di adeguarsi perché incompatibile con il resto d'Europa e per di più, a circa trent'anni dal "caso Tortora".
"Il nostro Paese è assolutamente indietro rispetto agli altri Paesi. - ha affermato Fitto - Noi ci troviamo difronte ad una serie di battaglie che sono state avviate, ma non sono state portate a termine: nella vicenda di Enzo Tortora c'erano le basi per fare tutto quello che si sarebbe dovuto fare, ma non è stato possibile, perché l'Italia è un Paese limitato."
Una lotta continua quella di Tortora, ma anche di Marco Pannella - come hanno ricordato i relatori - politico italiano radicale, socialista, liberale, scomparso paradossalmente il giorno 20 Maggio 2016, contro un sistema malato, convinti che "il crimine più grande è stare con le mani in mano", ma che nonostante tutti i loro sforzi non sono riusciti a cambiare…
Un uomo colto, leale, emblema della sana Giustizia, che si ritrova dietro una inferriata, con accuse pesanti e infondate di associazione mafiosa e traffico di droga sulle proprie spalle, in condizioni carcerarie insostenibili e a dir poco disumane, toccando il fondo della disperazione. Vittima di uno Stato malato, che dà priorità alla pancia piuttosto che alla verità. Un uomo che ha speso la propria vita a tutela della legalità, nonostante gli ostacoli e gli impedimenti che gli si ponevano davanti.
Scene toccanti quelle del docufilm realizzato dal regista Ambrogio Crespi, in cui è raccontata in maniera impeccabile la storia di questo grande giornalista, conduttore televisivo e politico italiano, che ha aperto l'incontro a lui dedicato, in occasione dei 28 anni dalla sua scomparsa in quel 18 Maggio 1988. Il processo, la condanna, il periodo di reclusione, in cui Tortora, e tanti insieme a lui, ha vissuto soffocato da una "Giustizia" che non predilige il vero, imprigionato in quattro mura fredde che sanno di dolore e angoscia per lo stato di impotenza difronte all'ingiustizia e all'indifferenza di tanti falsi portatori di legalità. Poi l'assoluzione di Enzo Tortora e di lì a poco la morte, a causa di un tumore, che ha lasciato una ferita aperta nell'animo di milioni di cittadini, che hanno creduto in lui e lo hanno sostenuto fino al suo ultimo respiro. Un docufilm che vuol essere uno strumento per smuovere le coscienze sulla delicata questione della legalità, attraverso un'icona storica, vittima della malagiustizia.
"Quello che abbiamo visto - ha affermato il primo cittadino di Gravina, Alesio Valente - non è qualcosa che appartiene alla storia e che rimane stampato solo sui libri o sui giornali, ma è qualcosa che accade ogni giorno, perché ancora oggi la giustizia è imperfetta e causa delle vittime."
Al che sorge spontaneo l'interrogativo: dal caso Tortora, cosa è cambiato nel sistema giuridico italiano?
Al dibattito hanno preso parte Valerio Federico, tesoriere dei Radicali italiani, Raffaele Fitto, europarlamentare del gruppo Conservatori e Riformisti europei, Danilo Leva, deputato del Partito Democratico e membro della commissione giustizia e Egidio Sarno, componente la Giunta dell'Unione Camere Penali Italiane, dai cui interventi è emerso che la situazione è migliorata rispetto al passato, ma non è cambiata del tutto: circa 2000 persone all'anno in Italia vanno in carcere per ingiusta detenzione o per errore giudiziario, persone che subiscono violenza che si riversa anche sulle loro famiglie, dovuto al malfunzionamento della giustizia in Italia. Passi in avanti ci sono stati nella direzione di responsabilizzare i magistrati affinché non restino del tutto impuniti dinanzi agli errori commessi, ma la cosa preoccupante è che sia stato imposto dalla Corte europea allo stato italiano di adeguarsi perché incompatibile con il resto d'Europa e per di più, a circa trent'anni dal "caso Tortora".
"Il nostro Paese è assolutamente indietro rispetto agli altri Paesi. - ha affermato Fitto - Noi ci troviamo difronte ad una serie di battaglie che sono state avviate, ma non sono state portate a termine: nella vicenda di Enzo Tortora c'erano le basi per fare tutto quello che si sarebbe dovuto fare, ma non è stato possibile, perché l'Italia è un Paese limitato."
Una lotta continua quella di Tortora, ma anche di Marco Pannella - come hanno ricordato i relatori - politico italiano radicale, socialista, liberale, scomparso paradossalmente il giorno 20 Maggio 2016, contro un sistema malato, convinti che "il crimine più grande è stare con le mani in mano", ma che nonostante tutti i loro sforzi non sono riusciti a cambiare…