
Redazionale
Sulla carta, la città dei musei e del turismo
Tante iniziative e scarsa concretezza. Cosa manca per il decollo?
Gravina - domenica 7 ottobre 2012
12.30
Non si può parlare di turismo a Gravina senza avvertire un profondo senso di impotenza. Gravina città dei parchi, dell'habitat rupestre, della buona cucina e anche di Benedetto XIII, incapace di vendere i tanti brand che in questi anni professionisti più o meno attestati hanno cercato di promuovere.
L'unica cosa che si tocca con mano è l'approssimazione, in tutto: dall'organizzazione della rete turistica, alla definizione degli itinerari sino all'accoglienza dei visitatori, tutto è affidato alle iniziative dei singoli. Sono almeno 5 le associazioni che operano sul territorio. Tra di loro non c'è nessun accordo. In un paese dove fino a poco tempo fa mancava persino l'assessorato al turismo, l'unico regista e coordinatore possibile, ognuno fa per se stabilendo dove, come e quando e arrivando anche a riscrivere la storia in un miscuglio di fonti e fantasia. L'amministrazione comunale, tutte le amministrazioni comunali, disquisiscono di turismo durante le campagne elettorali salvo poi dimenticarsene appena saliti a Palazzo di città, da dove arriva l'ennesima conferma a proposito di parco archeologico: il faldone che racconta la sua storia è abbandonato negli archivi sotto cumuli di polvere. Pertanto non ci si deve stupire se il Parco archeologico, dissequestrato dal 2005, sia oramai abbandonato e in balìa dei predoni, o se le chiese rupestri vengano gestite da associazioni di volontariato che senza soldi riescono a fare ben poco mentre vandali e umidità proseguono nella loro opera di distruzione. E per i musei non va certamente meglio così come per tutti i monumenti che esistono fuori dalla cortina di ferro del centro storico: i diversi operatori turistici si spartiscono il patrimonio del centro centimetro per centimetro dimenticando delle bellezze che esistono in altri quartieri. Per non parlare dei monumenti di proprietà privata il cui accesso è riservato solo a pochi eletti e solo in rare occasioni. L'unico vero baluardo del sistema turismo gavinese resta la Fondazione Santomasi che da anni, con mille difficoltà, va avanti tra carenza di personale e scarsità di risorse e forse anche di entusiasmo.
Un capitolo a parte meriterebbero i beni di proprietà del Capitolo cattedrale, affidati ad un'associazione di volontariato che con la scarsità di risorse a sua disposizione riesce a fare ben poco sebbene abbia tra le mani un vero e proprio tesoro. Forse, in questa situazione precaria, sarebbe auspicabile un intervento proprio della Diocesi, che in tanti non chiedono per paura di essere espulsi dal Regno dei cieli. Se questi sono i presupposti, è chiaro che non potrà mai esserci un futuro per il turismo gravinese. La verità, che conosciamo tutti, sta nel partire da zero: puntare sulla conoscenza del territorio, per amarlo e custodirlo. Solo in un secondo momento, dopo aver provveduto alla conservazione dei luoghi potremo dare impulso alla promozione del territorio e gettare le fondamenta per il Sistema Turistico gravinese.
In alternativa, continueremo a mostrare una barca affondata e presa d'assalto dai pirati.
L'unica cosa che si tocca con mano è l'approssimazione, in tutto: dall'organizzazione della rete turistica, alla definizione degli itinerari sino all'accoglienza dei visitatori, tutto è affidato alle iniziative dei singoli. Sono almeno 5 le associazioni che operano sul territorio. Tra di loro non c'è nessun accordo. In un paese dove fino a poco tempo fa mancava persino l'assessorato al turismo, l'unico regista e coordinatore possibile, ognuno fa per se stabilendo dove, come e quando e arrivando anche a riscrivere la storia in un miscuglio di fonti e fantasia. L'amministrazione comunale, tutte le amministrazioni comunali, disquisiscono di turismo durante le campagne elettorali salvo poi dimenticarsene appena saliti a Palazzo di città, da dove arriva l'ennesima conferma a proposito di parco archeologico: il faldone che racconta la sua storia è abbandonato negli archivi sotto cumuli di polvere. Pertanto non ci si deve stupire se il Parco archeologico, dissequestrato dal 2005, sia oramai abbandonato e in balìa dei predoni, o se le chiese rupestri vengano gestite da associazioni di volontariato che senza soldi riescono a fare ben poco mentre vandali e umidità proseguono nella loro opera di distruzione. E per i musei non va certamente meglio così come per tutti i monumenti che esistono fuori dalla cortina di ferro del centro storico: i diversi operatori turistici si spartiscono il patrimonio del centro centimetro per centimetro dimenticando delle bellezze che esistono in altri quartieri. Per non parlare dei monumenti di proprietà privata il cui accesso è riservato solo a pochi eletti e solo in rare occasioni. L'unico vero baluardo del sistema turismo gavinese resta la Fondazione Santomasi che da anni, con mille difficoltà, va avanti tra carenza di personale e scarsità di risorse e forse anche di entusiasmo.
Un capitolo a parte meriterebbero i beni di proprietà del Capitolo cattedrale, affidati ad un'associazione di volontariato che con la scarsità di risorse a sua disposizione riesce a fare ben poco sebbene abbia tra le mani un vero e proprio tesoro. Forse, in questa situazione precaria, sarebbe auspicabile un intervento proprio della Diocesi, che in tanti non chiedono per paura di essere espulsi dal Regno dei cieli. Se questi sono i presupposti, è chiaro che non potrà mai esserci un futuro per il turismo gravinese. La verità, che conosciamo tutti, sta nel partire da zero: puntare sulla conoscenza del territorio, per amarlo e custodirlo. Solo in un secondo momento, dopo aver provveduto alla conservazione dei luoghi potremo dare impulso alla promozione del territorio e gettare le fondamenta per il Sistema Turistico gravinese.
In alternativa, continueremo a mostrare una barca affondata e presa d'assalto dai pirati.