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cultura
Gravina fuori dalla Via Appia Patrimonio Unesco, Le ragioni dell’Architetto Pietro Laureano
Risultato non è imputabile all’UNESCO
Gravina - lunedì 26 maggio 2025
Pietro Laureano, Architetto, Urbanista e consulente Unesco per gli ecosistemi in pericolo, autore del dossier di candidatura tra i beni patrimonio dell'Umanità dei rioni Sassi e dell'habitat rupestre, in passato anche Direttore dei Lavori del Parco Archeologico, Consulente Scientifico del Progetto Sidin di Gravina, è intervenuto sulla esclusione di alcuni comuni pugliesi e lucani, tra cui quello di Gravina in Puglia, dal novero della Via Appia, dopo il riconoscimento ricevuto dall'Unesco di inserimento nel Patrimonio mondiale.
"La recente iscrizione della via Appia nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO ci riempie tutti di soddisfazione. Resta, tuttavia, il rammarico per il mancato inserimento dei percorsi della Basilicata e tratti della Puglia eliminazione per la quale si è data, da più parti, la responsabilità all'UNESCO. In effetti appare chiaro dai documenti d'iscrizione che il tracciato iscritto nella lista UNESCO comprende in Basilicata solo un piccolo tratto a Sud di Melfi e a Nord di Rapolla per passare dentro Venosa e poi continuare nell'alta valle del Bradano a Nord di Palazzo S. Gervasio e Banzi.
Viene poi lambita la parte settentrionale della Provincia di Matera senza passare da questa città per proseguire, senza comprendere Gravina in Puglia, in direzione di Taranto. Questo risultato deludente non è imputabile all'UNESCO e dipende dai modi in cui è presentata la candidatura da chi ne è promotore. L'ICOMOS e il Comitato Mondiale dell'UNESCO decidono in base ai dossier inoltrati in cui sono motivati i valori e selezionati i significati riconosciuti per la iscrizione. La via Appia è stata proposta come segno della civiltà romana e alta espressione di capacità tecnica e ingegneristica cioè nel suo aspetto di opera materiale e monumentale di un determinato periodo storico. In questo contesto non potevano che essere esclusi tutti i tratti dove non vi era presenza concreta di manufatti, tracciati o monumenti romani.
Quindi, anche se le componenti proposte comprendevano già soprattutto resti della struttura principale della strada e solo piccole parti del paesaggio antropizzato immediatamente associato ad essa, l'ICOMOS ha ritenuto che la candidatura dovesse essere ancora più limitata a evidenze costruttive e ai siti situati lungo la struttura principale del percorso e all'interno del lasso di tempo definito nel dossier di candidatura, vale a dire tra il 312 a.C. e il IV secolo d.C. Si è preferito, nella candidatura UNESCO, ridurre il significato di una strada ai soli elementi materiali e costruttivi come facile criterio di definizione e di identificazione. Ma la complessa realtà e dimensione allargata di una via di comunicazione non è mai riconducibile a un semplice basolato o tracciato. Anche fisicamente questo è sempre un reticolo che nel tempo subisce continue variazioni in relazione a mutamenti ambientali, storici e sociali. Non sono Patrimonio i soli basolati e le massicciate ma i luoghi vivificati con il suo percorso, le architetture e complessi paesaggisticamente collegati, le modificazioni territoriali prodotte".
Sulla scorta di queste giuste ed autorevoli considerazioni e alla luce del silenzio scaturito da parte del Comune di Gravina, nonostante fosse stato escluso e l'aver confidato, successivamente, in un recupero di rientro, affidando la possibilità di addurre motivazioni credibili ed accettabili alla Professoressa Marchi dell'Università di Foggia, designata per predisporre una relazione dettagliata, precisa, circostanziata, cosa che è stata fatta: "PROGETTO DI INDIVIDUAZIONE DEL TRACCIATO DELLA VIA APPIA IN TERRITORIO DI GRAVINA IN PUGLIA (BA) RELAZIONE FINALE , abbiamo ritenuto opportuno acquisire il parere dell'architetto Pietro Laureano, il quale, avendo letto la relazione della Professoressa Marchi, ha dichiarato: "va bene ma come dicevo quello che andava fatto era cambiare la logica della candidatura".
Cioè Laureano, confermando la validità delle sue asserzioni, ha ribadito, per quanto riguarda Gravina, che andava fatto ben altro: "La responsabilità non è stata dell'UNESCO Nel modo in cui è stata proposta l'iscrizione era chiaro dall'inizio che Gravina non sarebbe potuta entrare. Bisognava cambiare i motivi dell'iscrizione. Non cercare di dimostrare l'esistenza dell'impiantito stradale romano. Da noi le strade c'erano certamente prima della via Appia. Avevo scritto un testo a proposito, (ed èquello che, sinteticamente ha fatto da preambolo a questa ultima e specifica dichiarazione)..L'iscrizione sarebbe dovuta essere sul paesaggio culturale della via Appia comprendendo quindi tutti i tipi delle vie di percorso e i centri connessi.
Comunque ripeto che per me il problema non è quello di dimostrare che la via Appia passava da Gravina. Si sarebbero dovute fare le motivazioni della iscrizione della via Appia in altro modo. Questo avrebbe permesso l'iscrizione di Gravina, dei tratti Lucani e di molti centri e monumenti. Così hanno fatto i francesi per gli itinerari di pellegrinaggio. Comunque il mio punto di vista rimane lo stesso. Non si tratta di dimostrare l'esistenza di tratti romani di strada a Gravina. Non ci interessa questa concezione del Patrimonio. Si tratta di cambiare le motivazioni della iscrizione in una prospettiva più avanzata, non museale, rivolta al paesaggio e all'interesse delle popolazioni". In buona sostanza e concludendo, nonostante il tentativo dell'Amministrazione comunale gravinese di presentare al Ministero della Cultura e del Merito tesi credibili, accettabili, condivisibili, Gravina, ancora una volta è rimasta orfana dell'Unesco.
"La recente iscrizione della via Appia nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO ci riempie tutti di soddisfazione. Resta, tuttavia, il rammarico per il mancato inserimento dei percorsi della Basilicata e tratti della Puglia eliminazione per la quale si è data, da più parti, la responsabilità all'UNESCO. In effetti appare chiaro dai documenti d'iscrizione che il tracciato iscritto nella lista UNESCO comprende in Basilicata solo un piccolo tratto a Sud di Melfi e a Nord di Rapolla per passare dentro Venosa e poi continuare nell'alta valle del Bradano a Nord di Palazzo S. Gervasio e Banzi.
Viene poi lambita la parte settentrionale della Provincia di Matera senza passare da questa città per proseguire, senza comprendere Gravina in Puglia, in direzione di Taranto. Questo risultato deludente non è imputabile all'UNESCO e dipende dai modi in cui è presentata la candidatura da chi ne è promotore. L'ICOMOS e il Comitato Mondiale dell'UNESCO decidono in base ai dossier inoltrati in cui sono motivati i valori e selezionati i significati riconosciuti per la iscrizione. La via Appia è stata proposta come segno della civiltà romana e alta espressione di capacità tecnica e ingegneristica cioè nel suo aspetto di opera materiale e monumentale di un determinato periodo storico. In questo contesto non potevano che essere esclusi tutti i tratti dove non vi era presenza concreta di manufatti, tracciati o monumenti romani.
Quindi, anche se le componenti proposte comprendevano già soprattutto resti della struttura principale della strada e solo piccole parti del paesaggio antropizzato immediatamente associato ad essa, l'ICOMOS ha ritenuto che la candidatura dovesse essere ancora più limitata a evidenze costruttive e ai siti situati lungo la struttura principale del percorso e all'interno del lasso di tempo definito nel dossier di candidatura, vale a dire tra il 312 a.C. e il IV secolo d.C. Si è preferito, nella candidatura UNESCO, ridurre il significato di una strada ai soli elementi materiali e costruttivi come facile criterio di definizione e di identificazione. Ma la complessa realtà e dimensione allargata di una via di comunicazione non è mai riconducibile a un semplice basolato o tracciato. Anche fisicamente questo è sempre un reticolo che nel tempo subisce continue variazioni in relazione a mutamenti ambientali, storici e sociali. Non sono Patrimonio i soli basolati e le massicciate ma i luoghi vivificati con il suo percorso, le architetture e complessi paesaggisticamente collegati, le modificazioni territoriali prodotte".
Sulla scorta di queste giuste ed autorevoli considerazioni e alla luce del silenzio scaturito da parte del Comune di Gravina, nonostante fosse stato escluso e l'aver confidato, successivamente, in un recupero di rientro, affidando la possibilità di addurre motivazioni credibili ed accettabili alla Professoressa Marchi dell'Università di Foggia, designata per predisporre una relazione dettagliata, precisa, circostanziata, cosa che è stata fatta: "PROGETTO DI INDIVIDUAZIONE DEL TRACCIATO DELLA VIA APPIA IN TERRITORIO DI GRAVINA IN PUGLIA (BA) RELAZIONE FINALE , abbiamo ritenuto opportuno acquisire il parere dell'architetto Pietro Laureano, il quale, avendo letto la relazione della Professoressa Marchi, ha dichiarato: "va bene ma come dicevo quello che andava fatto era cambiare la logica della candidatura".
Cioè Laureano, confermando la validità delle sue asserzioni, ha ribadito, per quanto riguarda Gravina, che andava fatto ben altro: "La responsabilità non è stata dell'UNESCO Nel modo in cui è stata proposta l'iscrizione era chiaro dall'inizio che Gravina non sarebbe potuta entrare. Bisognava cambiare i motivi dell'iscrizione. Non cercare di dimostrare l'esistenza dell'impiantito stradale romano. Da noi le strade c'erano certamente prima della via Appia. Avevo scritto un testo a proposito, (ed èquello che, sinteticamente ha fatto da preambolo a questa ultima e specifica dichiarazione)..L'iscrizione sarebbe dovuta essere sul paesaggio culturale della via Appia comprendendo quindi tutti i tipi delle vie di percorso e i centri connessi.
Comunque ripeto che per me il problema non è quello di dimostrare che la via Appia passava da Gravina. Si sarebbero dovute fare le motivazioni della iscrizione della via Appia in altro modo. Questo avrebbe permesso l'iscrizione di Gravina, dei tratti Lucani e di molti centri e monumenti. Così hanno fatto i francesi per gli itinerari di pellegrinaggio. Comunque il mio punto di vista rimane lo stesso. Non si tratta di dimostrare l'esistenza di tratti romani di strada a Gravina. Non ci interessa questa concezione del Patrimonio. Si tratta di cambiare le motivazioni della iscrizione in una prospettiva più avanzata, non museale, rivolta al paesaggio e all'interesse delle popolazioni". In buona sostanza e concludendo, nonostante il tentativo dell'Amministrazione comunale gravinese di presentare al Ministero della Cultura e del Merito tesi credibili, accettabili, condivisibili, Gravina, ancora una volta è rimasta orfana dell'Unesco.