
Eventi
La compagnia Vulimm Vulà dice stop al femminicidio
“Trappola per un uomo solo” al teatro Vida
Gravina - martedì 18 marzo 2014
1.19
In un momento in cui è notizia all'ordine del giorno la morte di una donna per mano del marito, anche a teatro si dice basta alla violenza sulle donne e lo si fa in modo davvero originale e del tutto inaspettato con lo spettacolo "Trappola per un uomo solo" messo in scena al teatro Vida il 15 e 16 marzo dalla compagnia puteolana Vulimm' Vulà. Spettacolo presentato in modo frizzante e divertente da due amiche e nuove leve della compagnia gravinese "Colpi di scena", Sabrina Marroccoli ed Adriana Dibattista, in sintonia nella vita così come anche sul palcoscenico.
Ad aprire il sipario, Papouche (in scena Ioffredo Vincenzo), un artista-barbone, che avvisa il pubblico di prestare attenzione allo spettacolo che sta per iniziare perché proprio come accade con l'arte talmente reale da ingannare anche l'occhio più esperto, anche la storia che sta per essere raccontata è talmente reale che si verrà facilmente ingannati.
Subito dopo, sulla scena ha inizio il giallo psicologico dal classico impianto misterioso che ha uno dei finali a sorpresa più belli del teatro giallo contemporaneo che costringe il pubblico a rimanere incollato alla propria sedia, senza fiato, fino all'ultima battuta che rivela una verità che non ci si aspetta affatto.
Lo spettacolo con alla regia Roberta Principe, anche attrice sulla scena nei panni dell'investigatore, è reso sensazionale sia dalla bravura dell'intero cast (Jenny Brascio nei panni della moglie, Gennaro Saturnin nei panni del marito, Lorenzo Ruiu nei panni di Padre Toni, Paola Bernardoche nei panni dell'infermiera, Roberta Principe nei panni dell'investigatrice, Ioffredo Vincenzo nei panni dell'artista-barbone Papouche) che dalla scelta delle musiche e dai tenui cambi di luce con cui viene messa in evidenza l'alternanza degli stati d'animo di un marito che fino alla fine sembrerà vittima di una trappola escogitata da un prete ed un'infermiera per rubargli un'eredità. Lo spettatore sarà ingannato fino alla fine, momento in cui il finale a sorpresa rivelerà la realtà più crudele ed imprevedibile che ci sia.
Era il 1960 quando Robert Thomas scriveva questo testo, testo oggi di un'attualità sconcertante.
"Centoventotto donne vittime di femminicidio nell'ultimo anno, aiutateci a non contare le donne che non contano più": questo l'appello finale della compagnia che in memoria delle donne uccise ha voluto mettere in prima fila su una sedia un paio di scarpette rosse.
Ufficio stampa teatro Vida
Dr.ssa Emanuela Grassi
Ad aprire il sipario, Papouche (in scena Ioffredo Vincenzo), un artista-barbone, che avvisa il pubblico di prestare attenzione allo spettacolo che sta per iniziare perché proprio come accade con l'arte talmente reale da ingannare anche l'occhio più esperto, anche la storia che sta per essere raccontata è talmente reale che si verrà facilmente ingannati.
Subito dopo, sulla scena ha inizio il giallo psicologico dal classico impianto misterioso che ha uno dei finali a sorpresa più belli del teatro giallo contemporaneo che costringe il pubblico a rimanere incollato alla propria sedia, senza fiato, fino all'ultima battuta che rivela una verità che non ci si aspetta affatto.
Lo spettacolo con alla regia Roberta Principe, anche attrice sulla scena nei panni dell'investigatore, è reso sensazionale sia dalla bravura dell'intero cast (Jenny Brascio nei panni della moglie, Gennaro Saturnin nei panni del marito, Lorenzo Ruiu nei panni di Padre Toni, Paola Bernardoche nei panni dell'infermiera, Roberta Principe nei panni dell'investigatrice, Ioffredo Vincenzo nei panni dell'artista-barbone Papouche) che dalla scelta delle musiche e dai tenui cambi di luce con cui viene messa in evidenza l'alternanza degli stati d'animo di un marito che fino alla fine sembrerà vittima di una trappola escogitata da un prete ed un'infermiera per rubargli un'eredità. Lo spettatore sarà ingannato fino alla fine, momento in cui il finale a sorpresa rivelerà la realtà più crudele ed imprevedibile che ci sia.
Era il 1960 quando Robert Thomas scriveva questo testo, testo oggi di un'attualità sconcertante.
"Centoventotto donne vittime di femminicidio nell'ultimo anno, aiutateci a non contare le donne che non contano più": questo l'appello finale della compagnia che in memoria delle donne uccise ha voluto mettere in prima fila su una sedia un paio di scarpette rosse.
Ufficio stampa teatro Vida
Dr.ssa Emanuela Grassi