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La città
Racket ed usura, Gravina non è un’isola felice
Descisciolo: “Occorre il coraggio di denunciare”. Ma gli imprenditori si scagliano contro il sistema bancario
Gravina - mercoledì 26 febbraio 2014
9.37
"A Gravina risultano molte segnalazioni, ma nessuna denuncia in merito a casi di estorsione ed usura, ma questo non significa che tali fenomeni non esistano: si ha paura di denunciare".
E' netta e impietosa la diagnosi che Renato Descisciolo, coordinatore regionale dell'Associazione Antiracket, ha fatto della realtà gravinese in merito alla legalità e del rapporto aziende e fenomeni criminali, nel corso di un incontro con gli esponenti del mondo imprenditoriale locale organizzato presso l'Oleodinamica Petrone, con la partecipazione del vicesindaco Gino Lorusso.
In una situazione di crisi economica globale, e di fronte alle note difficoltà ad accedere al credito, il ricorso a prestiti a tassi usurari diventa una piaga sempre più diffusa, alla quale si unisce quella del racket, che colpisce anche le imprese agricole e spesso consiste nell'imposizione dell'acquisto di merce di produzione mafiosa. Diversi gli strumenti di reazione a disposizione degli imprenditori, illustrati da Descisciolo: dal ricorso all'articolo 20 della legge 44/99 che permette la sospensione temporanea dei pignoramenti di Equitalia in caso di denuncia, al Pon sul consumo critico e la sicurezza, che prevede la possibilità di iscrizione delle imprese che hanno detto no al pizzo, ad una banca dati gestita dal Ministero dell'Interno: una lista destinata a sponsorizzare presso 5000 consumatori iscritti le imprese sane che promuovono la legalità.
"Pensiamo occorra costituire una sezione dell'Associazione qui a Gravina – dichiara Descisciolo – perché in una realtà dove ci sono stati tre grossi interventi della Dda, con sequestri milionari di beni a soggetti della criminalità organizzata, ci sia bisogno di un sostegno attivo per le vittime". Perché l'azione antiracket e antiusura sia efficace, però, occorre il coraggio e la volontà di fare causa comune: "Aiutiamo gli imprenditori dall'inizio alla fine dei processi, costituendoci parte civile. Quello che occorre sono le denunce collettive, perché solo così non si resta da soli e si può vincere, arrivando alla confisca dei beni mafiosi, la vera sconfitta per la criminalità". Non manca un accenno all'infelice esito del caso "Antica Masseria": "E' stata data in gestione alle persone sbagliate – ammette senza mezzi termini il coordinatore dell'Antiracket – e questo ha creato un danno gravissimo alla cultura della legalità".
Dagli imprenditori presenti in sala però sale anche un grido di dolore per la scarsa sensibilità del mondo bancario locale, accusato di aggravare la situazione già precaria con un sempre più difficile accesso al credito e con forme, secondo alcune denunce, di vera e propria usura bancaria: il confine tra legale e illegale, tra istituzioni e delinquenza rischia di apparire sempre più labile per chi deve combattere quotidianamente con una crisi che non cessa di fare vittime…
E' netta e impietosa la diagnosi che Renato Descisciolo, coordinatore regionale dell'Associazione Antiracket, ha fatto della realtà gravinese in merito alla legalità e del rapporto aziende e fenomeni criminali, nel corso di un incontro con gli esponenti del mondo imprenditoriale locale organizzato presso l'Oleodinamica Petrone, con la partecipazione del vicesindaco Gino Lorusso.
In una situazione di crisi economica globale, e di fronte alle note difficoltà ad accedere al credito, il ricorso a prestiti a tassi usurari diventa una piaga sempre più diffusa, alla quale si unisce quella del racket, che colpisce anche le imprese agricole e spesso consiste nell'imposizione dell'acquisto di merce di produzione mafiosa. Diversi gli strumenti di reazione a disposizione degli imprenditori, illustrati da Descisciolo: dal ricorso all'articolo 20 della legge 44/99 che permette la sospensione temporanea dei pignoramenti di Equitalia in caso di denuncia, al Pon sul consumo critico e la sicurezza, che prevede la possibilità di iscrizione delle imprese che hanno detto no al pizzo, ad una banca dati gestita dal Ministero dell'Interno: una lista destinata a sponsorizzare presso 5000 consumatori iscritti le imprese sane che promuovono la legalità.
"Pensiamo occorra costituire una sezione dell'Associazione qui a Gravina – dichiara Descisciolo – perché in una realtà dove ci sono stati tre grossi interventi della Dda, con sequestri milionari di beni a soggetti della criminalità organizzata, ci sia bisogno di un sostegno attivo per le vittime". Perché l'azione antiracket e antiusura sia efficace, però, occorre il coraggio e la volontà di fare causa comune: "Aiutiamo gli imprenditori dall'inizio alla fine dei processi, costituendoci parte civile. Quello che occorre sono le denunce collettive, perché solo così non si resta da soli e si può vincere, arrivando alla confisca dei beni mafiosi, la vera sconfitta per la criminalità". Non manca un accenno all'infelice esito del caso "Antica Masseria": "E' stata data in gestione alle persone sbagliate – ammette senza mezzi termini il coordinatore dell'Antiracket – e questo ha creato un danno gravissimo alla cultura della legalità".
Dagli imprenditori presenti in sala però sale anche un grido di dolore per la scarsa sensibilità del mondo bancario locale, accusato di aggravare la situazione già precaria con un sempre più difficile accesso al credito e con forme, secondo alcune denunce, di vera e propria usura bancaria: il confine tra legale e illegale, tra istituzioni e delinquenza rischia di apparire sempre più labile per chi deve combattere quotidianamente con una crisi che non cessa di fare vittime…