Passeggiando con la storia
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Mons. Domenico Cennini il più longevo dei vescovi della Diocesi di Gravina

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Storicamente è accertato e documentato che la Diocesi di Gravina viene istituita sin dal IX secolo. Successivamente, nel 1818, viene unita aeque principaliter con Montepeloso, l'attuale Irsina. Dal 1971, con una nuova riforma e ristrutturazione delle diocesi italiane, Irsina viene sdoppiata da Gravina e unita all'arcidiocesi di Matera. Nel frattempo, inizia un nuovo percorso che finisce tristemente, con il 1986, con la nascita, prima di una nuova diocesi con Gravina ancora sede principale e primaria, cui viene aggiunta la prelatura di Altamura ed Acquaviva delle Fonti. Nell'86 l'anno funesto, l'anno di Grazia in cui Gravina perde la sua antica e storica titolarità e nasce la Diocesi di Altamura - Gravina – Acquviva delle Fonti.

Quindi, dopo questa premessa si può ben dire e riconoscere che mons. Domenico Cennini è stato il vescovo più longevo della Diocesi di Gravina, avendola retta dal 1645 al 1684, quasi sempre, però, da Napoli. In sua vece operarono i vicari generali. Uno tra questi fu il concittadino Antonio Punzi, divenuto, il 14 maggio 1685, vescovo di Ascoli Satriano. Secondo il Nardone è stato il 42 della serie. Secondo altre fonti, il 49 a sedere sulla cattedra episcopale della nostra città.
Nato nel 1606, da una nobile famiglia senese, nella diocesi di Chiusi, fu uomo dottissimo e coltissimo, laureato in Utriusque Juris e in lettere. Per questi suoi tratti di sensibilità culturale, di genio e di ingegno e perché il clero del tempo si acculturasse, promosse la nascita di una biblioteca dotata dai suoi numerosissimi testi. Essa, però, fu aperta due anni dopo la sua morte.

Fu cugino del cardinale Francesco Cennini. Il 1644 viene consacrato sacerdote. L'anno successivo, all'età di 38 anni, il 6 marzo 1645, fu promosso vescovo di Gravina da papa Innocenzo X. Addirittura, se non fosse morto, il papa Clemente XI gli aveva riservato la dignità della porpora cardinalizia, per i meriti e il ruolo di inquisitore svolto nella chiesa dei Domenicani di S. Domenico Maggiore, dove, come vedremo, chiese di essere sepolto se non fosse morto a Gravina.
Nel corso del suo lungo, intenso e proficuo episcopato, dotò di una sede vescovile, col realizzare la casa per il vescovo, costruendo, di lato alla cattedrale, l'episcopio. Ampliò le sedi estive dei vescovi e dei seminaristi: sia quella nei pressi della chiesa Madonna delle Grazie, fatta erigere da mons. Vincenzo Giustiniani e sia quella nei pressi della diruta badia dei Cluniacensi, a Coluni, che dopo l'apposizione delle sue insegne episcopali sul frontespizio, fu poi detta Villa della Salamandra.
Fu il quarto vescovo a celebrare, il 1647, un Sinodo diocesano, i cui atti sono racchiusi in 70 fogli tra decreti e provvedimenti. Uno dei quali fu la riduzione del numero delle parrocchie, da sei a quattro: S. Matteo, S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e S. Nicola. Fu durante il suo episcopato che Gravina vide riconosciuto, S. Michele, quale Patrono e Protettore della città, il cui culto, come viene sancito dalla bolla papale, era in atto da tempo immemorabile. Fondò la Congregazione della Dottrina Cristiana.

A mons. Cennini, nel 1649, si rivolsero i coniugi Orsini – della Tolfa, genitori del futuro papa Benedetto XIII, per costruire, a proprie spese, la chiesa di Santa Maria del Suffragio, alias Purgatorio, quale cappella funeraria di famiglia. Fu lo stesso vescovo che la consacrò il 17 maggio 1659.
Eresse l'altare del Crocifisso, in cattedrale, con nobili marmi. Fu quell'altare dinanzi al quale, la duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa, prima di entrare in quello che sarebbe diventato il Monastero di Santa Maria, si inginocchiò per pregare e ricevere la benedizione celeste per il cammino che stava intraprendendo, dopo la morte del marito e sistemato tutti gli affari di famiglia. Infatti, grazie al vescovo Cennini, la duchessa potè realizzare il nuovo monastero sotto la regola di S. Domenico e la chiesa di Santa Maria delle Domenicane.

Il vescovo Domenico Cennini, tra le altre opere messe in cantiere e portate a compimento, fece prolungare la facciata sud della cattedrale per lasciare posto alla cappella della Madonna Consolatrice degli Afflitti poiché, secondo le sue volontà, doveva ospitare le sue spoglie mortali nel caso fosse deceduto a Gravina. Infatti, nel 1684 Cennini compila il suo testamento, nominando il card. Orsini quale esecutore testamentario.
Nel testamento predispone minuziosamente le destinazioni dei suoi beni e i lasciti occorrenti per le celebrazioni in suffragio della sua anima. Tra l'altro scrive : "L'anima mia in quell'hora che si partirà dal corpo all'eterno riposo, et in quanto al mio cadavere la Maestà Sua se compiacesse di farmi morire nella città di Gravina, dove sono stato sin hora 39 anni vescovo, voglio che sia seppellito nella Chiesa Cattedrale in quel luogo separato, che già sta disegnato nella cappella della gloriosa, fatta accomodare da me, con quelle esequie, che parerà all'infrascritto mio erede, quando poi havessi da morire in questa città di Napoli, voglio che sia seppellito nella chiesa di San Domenico Maggiore dove la porto più particolare affetto, per essere stato a trovarmi Ministro generale della Santa e Suprema Inquisizione di Roma".

Alla sua morte, avvenuta il 21 agosto 1684, lasciò al Capitolo cattedrale tutta la sua ricca biblioteca, quella che, poi, fu arricchita ed ampliata dal cardinale Francesco Antonio Finy, con tutta la donazione dei volumi di sua proprietà. Tra la donazione del Cennini figurò un copioso ed importante epistolario politico che, rimasto inedito, fu gelosamente conservato dal canonico Bonaventura Maiorana, il quale, morendo, lo affidò al nipote D. Antonio, illustre giureconsulto e canonico della nostra stessa cattedrale. Oggi quell'epistolario è andato malauguratamente e, forse, irrimediabilmente perso.

Parte delle notizie storiche relative all'odierno personaggio sono state desunte dal testo di Domenico Nardone: Notizie storiche sulla città di Gravina dalle sue origini all'unità italiana (455 – 1870), VI edizione a cura della Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, Adda Editore, Bari maggio 2007.
  • Giuseppe Massari
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