Passeggiando con la storia
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Pietro Tresso “successore scomodo” di Canio Musacchio

Rubrica “Passeggiando con la storia” a cura di Giuseppe Massari

Nacque a Magrè di Schio, in provincia di Vicenza, il 3 gennaio 1893, secondo di quattro figli di Luigi e di Carolina Dal Lago. Morì il 27 ottobre 1943. Di famiglia molto povera (il padre, un tempo mezzadro, lavorava come operaio presso il lanificio Rossi di Schio), fu costretto ad abbandonare gli studi dopo aver frequentato la terza elementare per entrare nel mondo del lavoro (venne assunto in un laboratorio di sartoria come apprendista). Nel 1909, all'età di sedici anni, si iscrisse alla Federazione giovanile socialista, disapprovato dalla famiglia, fortemente cattolica.

La prima fase della sua militanza fu caratterizzata, come per molti della sua generazione, da un forte sentimento antimilitarista, tanto che nel 1911 fu tra i promotori di una manifestazione contro la guerra di Libia tenutasi a Schio. L'attività di Tresso all'interno del movimento socialista si orientò subito verso le tematiche sindacali legate al mondo contadino. Le sue qualità vennero ben presto notate dalla dirigenza socialista vicentina, che nel 1914 lo inviò a Milano per partecipare a un corso di formazione sindacale presso la Società umanitaria, prestigiosa istituzione del socialismo riformista. Terminato il corso, nel giugno del 1914 fu inviato a Gravina, in Puglia, per dirigere la locale Lega dei contadini. Vi rimase fino al gennaio del 1915, quando venne chiamato alle armi.

Della sua permanenza a Gravina, dei suoi rapporti con gli eredi di Musacchio e con l'ambiente politico locale, ne ha scritto Michele Fatica: "Pietro Tresso a Gravina in Puglia (1914 – 1915)". L'importante studio è originariamente apparso, sotto il medesimo titolo, nella Miscellanea di Studi Storici (pubblicata dal Dipartimento di Storia dell'Università degli Studi della Calabria), a. II, 1982, pp. 193-207.

"Gravina in Puglia, ove il Tresso giunse alla fine della seconda decade di giugno del 1914, era uno dei più grossi centri agricoli della Murgia, che al censimento del 10 giugno 1911 aveva fatto registrare una popolazione di 20 224 abitanti. Con gli altri comuni di Altamura, Minervino, Spinazzola e Santeramo si trova nella zona della grande azienda cerealicola murgiana, zona che costituiva una appendice della Capitanata, la più vasta e più nota piana pugliese produttrice di grano. L'azienda murgiana era di solito gestita dal massaro, e la masseria, la grande costruzione rurale a due piani, con annessi stalle, magazzini e capannoni destinati ad alloggiamento dei braccianti nel periodo della mietitura, domina ancora oggi, imponente, l'altopiano ondulato delle Murge. Colture diffuse, ma di proporzioni più modeste, la vite e l'olivo.

La figura del massaro, misoneista e rozzo, che conduceva l'azienda lesinando sul salario dei braccianti, che reclutava per mezzo di un «caporale» nel mercato delle braccia che si svolgeva di sera nella piazza principale del paese, cominciava ad essere soppiantata dall'imprenditore agrario, che gestiva o direttamente o attraverso i consigli di amministrazione di società per azioni, la tenuta trasformata in azienda moderna meccanizzata. Attorno alla grande azienda si distendeva la fitta ragnatela della proprietà particellare, coltivata direttamente dal piccolo proprietario oppure data in fitto. La figura del bracciante, proprietario o affittuario di un micro-appezzamento di terra, era molto diffusa, e chi la terra possedeva o teneva in affitto, acquisiva una nota di distinzione sociale rispetto al bracciante nullatenente.

La popolazione viveva per lo più addensata nei paesi che erano già piccole cittadine. Il centro di Gravina con alcune sue pretenziose dimore a uno o due piani, alcune in stile, testimonia l'agiatezza di un discreto numero di possidenti, commercianti, professionisti e bottegai. La popolazione bracciantile, adusa ad abitare nel grande terraneo ad un solo vano, il lamione, che serviva a tutti gli usi e dove in un solo letto dormivano più bambini, che si davano calore ma si trasmettevano anche tutte le malattie contagiose, si ammucchiava nei quartieri periferici di Fondovico e Piaggio, digradanti verso il fosso o gravina, nelle cui pareti di tufo erano state scavate, fin dai tempi remoti, grotte per servire da abitazione a povera gente o per far da templi a divinità pagane e a santi cristiani.

Esiguo il numero di coloro che vivevano nelle dimore sparse per le campagne: pastori di pecore, massari e familiari del massaro, lo scarso personale fisso che serviva alla masseria. Una inchiesta promossa nel 1907 dalla Camera di commercio ed arti della provincia di Bari sui comuni bracciantili della provincia offre una radiografia, sia pure sommaria, sulla composizione sociale di Gravina, sui salari dei braccianti e dei pastori, sugli spostamenti all'interno della regione e sulle migrazioni.

Sopra questa realtà si era sviluppata già alla fine dell'Ottocento l'azione di alcuni apostoli socialisti, fra cui un posto eminente occupa la figura di Canio Musacchio. Proveniente da agiata famiglia di lontana origine albanese, come fanno fede il cognome e il nome (che equivale a Giovanni), il Musacchio, nato a Gravina il 5 luglio 1886, aveva studiato giurisprudenza all'Università di Roma, ove si era legato d'amicizia con giovani che stavano maturando il ripudio dell'anarchismo e del radicalismo e l'adesione al socialismo. Fatto ritorno in Puglia, aveva svolto nella zona delle Murge, nel periodo di fondazione e di formazione del Partito socialista, una intensa opera di organizzazione politica e sindacale. Nell'estate del 1901 era stato tra i promotori della lega dei contadini di Gravina, una delle prime a sorgere in Puglia". Il Musacchio, dopo numerose battaglie vinte, perse, tra contrasti, incomprensioni tra gli stessi socialisti e gli avversari politici, di gracile costituzione, provato dal carcere e dalla sfibrante attività, era morto il 15 novembre 1909, lasciando una eredità che non è facile valutare.

" Pietro Tresso fu chiamato a Gravina appunto per ricostituire la lega contadina in completo sfacelo. Il suo arrivo coincideva con la campagna della mietitura e quindi con una situazione favorevole all'azione sindacale. Ma la popolazione di Gravina era mobilitata per tutt'altri motivi. Al 12 luglio erano fissate le elezioni amministrative ed i socialisti, capeggiati ora dal fratello di Canio, il medico Giuseppe Musacchio, lavoravano a tempo pieno per riconquistare il comune e dimostrare con i risultati elettorali le «ingiustizie» ed i «soprusi» subiti da parte delle autorità dello Stato. Infatti, alla vigilia delle elezioni politiche del 26 ottobre-2 novembre 1913, l'amministrazione socialista, sindaco Giuseppe Musacchio, era stata sciolta dal prefetto su pressione del deputato del collegio, il «democratico» Pasquale Caso, che temeva un suo insuccesso qualora, con il suffragio universale, il comune di Gravina fosse rimasto nelle mani dei suoi oppositori politici.

Avendo già raccolto in precedenza ampi consensi con il suffragio amministrativo ristretto, i socialisti ritenevano di poter raddoppiare i voti con il suffragio allargato. Questa mobilitazione di tutte le energie in vista delle scadenze elettorali, energie che poi si dimostrarono esaurite per la lotta economica, aveva già cominciato a suscitare malumori in alcuni ambienti socialisti pugliesi; anche perché in alcuni grossi centri della regione i notabili, che si dicevano socialisti, non avevano tenuto in nessun conto i deliberati del congresso nazionale di Ancona in tema di tattica elettorale e di incompatibilità fra massoneria e socialismo, ed avevano dato vita a blocchi eterogenei per il miraggio di una vittoria elettorale.

La posizione, personale e politica, del Tresso in questa situazione non era facile. Da una parte era costretto a mantenere buoni rapporti con il gruppo dirigente locale socialista riformista, con il consenso del quale presumibilmente era stato accettato quale segretario della lega contadini su referenze dell'Umanitaria; da un altro canto, anche rimanendo sul terreno del riformismo, non poteva non fissare la sua attenzione su alcune contraddizioni. In primo luogo la sproporzione tra impegno elettorale e impegno sindacale".

La sua permanenza a Gravina non fu tra le più felici e tra le più facili. Innanzitutto, perché dovette fare i conti con la sua formazione politica, molto diversa dalla realtà in cui fu destinato a vivere. Incomprensioni, lacerazioni, controversie, diatribe, modi diversi, magari rivoluzionari, di concepire l'azione politica e sindacale, rispetto ad una cultura diversa del mondo politico e socialista gravinese, se non lo fecero desistere, ci fu, comunque, lo scoppio del primo conflitto mondiale, una buona ragione per l'arruolamento e l'allontanamento da Gravina. Quanto avessero avuto ragione le sue posizioni, quanto poteva essere definito il successore di Musacchio, non è facile poterlo stabilirlo. Se fu erede di Canio Musacchio, lo fu in maniera "scomoda".
1 foto Pietro Tresso “successore scomodo” di Canio Musacchio
Pietro Tresso “successore scomodo” di Canio Musacchio
Pietro Tresso “successore scomodo” di Canio Musacchio
  • Giuseppe Massari
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